lunedì 11 giugno 2007

Dome des Neiges - 4015 m. / 09- 10 giugno 2007

Briancon - Dome des neiges / Barre des Ecrins - 09 e 10 giugno 2007
Non solo dove regnano sei mesi di ombra e sei di sole le giornate sembrano interminabili. Anche sopra la valle del Brianson in certi periodi dell'anno il tempo sembra giocare brutti scherzi.
Due giorni all'insegna dell' innenarrabile.
La più alta espressione dell'arte svolta tra l'uomo e la natura porta il nome di Dome des neiges / Barre des Ecrins. Un nome un pò lungo da ricordare ma che inciderà i cuori di coloro che segnano il proprio primo 4000 sulla propria picca. Qualcuno da vero pivello firma anche il proprio primo 3000. Due piccioni con una fava.
Conquistati i 2 piccioni la fava è stata ampiamente tirata fuori per salire un oceano di ghiaccio con tanto di rampe fatte a gattoni con muscoli allo spasimo, Moment alla mano e picca nell' altra.
Già al primo giorno, risalendo il ghiacciaio i primi passi di rumbla picchettano in cordata le tempie. Salendo da veri eroi prima senza acqua e poi con 3 bottiglie d'acqua (grazie a Dio il primo rifugio era aperto!!!) il dolce sole di mezzogiorno su ghiacciaio inizia ad accarezzarci la pelle.
In cordata parliamo del più e del meno, sulla destra abbiamo la roccia e davanti a noi e sulla sinistra un mare di ghiaccio sul quale mordiamo passo dopo passo.
Arriviamo alle 14 ai piedi del secondo rifugio dal quale si intravede la vetta dei 4000 che dovremmo affrontare il giorno dopo. Mi tornano alla mente una serie di immagini il K2, il Monte Fato/ Moria (per la direttisima), pizzo Badile per la Cassin, la traversata dell'artico in stile alpino senza cani, gli 8000 senza ossigeno, la cavalcata delle Valkierie, Neil Armstrong sulla Luna, e poi ancora Superman, l'incredibile Hulk, Cliffangher, Gig Robot D'acciaio, Gilgamesh, Davide contro Golia, Goku Super Saian 4° livello.
Facciamo un pò di manovre, mentre la mia testa gira tra mille fantasie, stordimenti, insolazioni, mal di quota mi insegnano nodi, asole, paranchi. Io spero solo di passare la notte dopo una buona cena. Ma dobbiamo ancora arrivare al rifugio. Ci inerpichiamo sulla roccia e ci dirigiamo su una torre di pietra sulla quale sta il nostro rifugio.
Bene, è ora di cena...si narrava di terribili ricordi di pasti di balena disgustosi e inopportuni. O il rifugio ha tirato su la qualità o noi abbiamo imparato ad accontentarci veramente di poco. Così sembra...e trangugitiamo cacca senza schizzinoserie, chiedendo e acconsentendo a svariati bis.
Arriva la notizia drammatica. Sveglia alle 3. Del mattino. Dramma. Panico. Preoccupazione. Rassegnazione.
Meno male che è giunta l'ora di dormire...ma causa quota nessuno riesce. Decido di provare il metodo Ema. Mi vesto e dormo fuori all'aperto. Il cielo è limpidissimo ma vedo sia sul lato nord che sul lato est tuoni e fulmini all’orizzonte. Del resto potrei vedere da qui anche cosa succede a Riccione, quindi non mi preoccupo troppo e penso sarà una bella giornata.
Dormo un pò all'aperto. A momenti rimango soffocato dalla magnificenza del paesaggio. Le stelle, le cime e il ghiacciaio che luccica sotto sopra davanti e dietro me. Sono completamente immerso nell' immenso. Quanto vorrei essere lì fuori in tenda su quel mare di ghiaccio !!!
Sveglia ore 3. Tutti pronti, alè le blue, zaini in spalla e in marcia.
Cammino stupefatto dal paesaggio. Inizia ad albeggiare e mi sento ai confini del cosmo. Il ghiaccio puro e crudo che si inerpica sulle rocce. Siamo sui 3400/ 3500. Iniziamo a prepararci per la grande scalata.
Mentre saliamo sulla prima rampa sorge il sole che rende rosa e poi arancione tutte le pendici dell' imperatrice. Scioccati dall’espressione inenarrabile di potenza e grandiosità. Giovani uomini che puntano al grande assoluto che è pronto ad accogliere tutti a braccia aperte.
Arriviamo ai piedi della grande bestia. Una serie di rampette da 40 gradi che puntano prima verso sinistra poi verso destra verso la cima.
Inizio a faticare e penso che non ce la farò. Ma si tira, si tira. Come bestie, lentamente. La pendenza fa impressione. E' tutta acqua ghiacciata fino in cima. E il sentiero, un piede dietro l’altro.
Ci fermiamo per soste ristoratrici di tanto in tanto. La quota si fa sentire, inutile negare.
Ultima rampa. La più tirata. Arrivo a metà e giunge una nube. Non vedo niente. Sento solo tirare il compagno avanti a me.
Inizio a camminare in ginocchio per la fatica. Poi mi metto a gattoni prostate dagli eventi. Esanime dico che non ce la faccio. "Mollatemi, torno giù. Non riesco, poi c'è tutta la discesa"...3200 metri di dislivello alla macchina, penso.
Siamo in tre in cordata, io, Gianlu e Simo (istruttore).
Gianlu si svincola e si lega a un'altra cordata. Manca solo il traverso. Inizio a riconnettere, l’istruttore mi incita e mi sostiene. Ce la possiamo fare, manca pochissimo. Siamo al 96% e il difficile è stato fatto. Intanto il compagno si lega all’altra cordata, ormai pensando che non ce la faro. Gianlu mi dice..." Ok, ci vediamo alle machine allora". Io mi sarei aspettato un…”dai, ci vediamo in cima”. Ed è qui che scatta la scintilla. Mentre lui ancora inizia a legarsi agli altri, dico a Simo di scannare. Lui non capisce. “VAI VAI VAI !!!”- dico io.
E in pochi minuti schizziamo in vetta.
Le ultime picconate e salita in verticale.
Ce l'abbiamo fatta !!!


Ultimi passi per godersi la visuale in cima e da dietro gli occhiali neri grossi un dito da ghiacciaio protezione 4 inizio a piangere per tanti motivi...la bellezza, tutte le fatiche e le umiliazioni in roccia, l'amore per la montagna che mi ha portato a sconfiggere tutte le paure, a tutte le fatiche psicologiche per godere immensamente quei 5 minuti di vetta, la realizzazione finale di un motivo importante, assistere alla poesia più grande tra l'uomo e la natura che vale la propria vita, amore spinto all'estremo...ma non c'è tempo per piangere e commuoversi...foto di rito, scherzare e videoriprese.




























































































Al volo più alto, vacillante, che costa, THE EAGLE HAS LANDED, one more!!!
ORA SIAMO A 4015 metri. Fatti tutti con le proprie gambine e braccine.
Nemmeno una nuvola all' orizzonte. Per la prima volta nella storia del corso, tutti gli allievi partiti dalle macchine arrivano in cima. Istruttori contentissimi. Allievi esaltati. Poi senza ossigeno al cervello, l’esaltazione si trasforma in onnipotenza.

E’ il momento del ritorno e corro giù come una gazzella. Non sento dolore, fatica, niente. Toccato il nirvana mi illumina di immenso per tutto il giorno.
Arriviamo al primo rifugio e troviamo le giovani marmotte che cercano nel mio zaino quello che vado cercando da tutta la giornata…cibo!! Francesina sfacciatina eh? Vecchia provolone…ti accolgo a braccia aperte…!!! Ma è qui che scatta la birrozza …Attenzione!! La scelta…4,50 € in tasca…Birra o panino? Panino o birra?
Avete presente le curve di indifferenza. 4,50 è un’equazione di primo grado che si risolve in 3 euro di Amstel e 1 e 50 di Mars.














Io e Simo contempliamo l'impresa, spariamo 4 cazzate e finisco la mia Amstel. Siamo appagati e con la pace degli spiriti.



















Infine ecco l'ultimo rush finale. E’ dal primo rifugio ( 2500 m. ) alle macchine (1800 m).
Scalpito con nelle orecchie il sacro dio del metallo. Pedalante e ringhiante, l’impresa alle spalle e la grinta che rischia la terra scavando e la gioia che brucia ogni capillare nell’esaltazione.
Percorso preventivato in 1.30 h. La foca del Lario si lancia a capofitto tra le rocce domate e con Simo allievo ce lo spariamo in 40 minuti scarsi.
E’ vittoria, trionfo. Ancora una volta, questo è stato il volo più alto. Ma non sarà l’ultimo.
La droga già ricerca la carne.
Tra mito e leggenda il mio primo 4000 resterà indelebile sempre con me per il resto dei miei giorni.

Ema.

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