lunedì 7 maggio 2007

05/ 06 Maggio 2007- Zucco Angelone Grignetta






05/ 06 Maggio 2007 - Zucco dell'Angelone Grignetta

Ho sempre amato la montagna e il ghiaccio, il freddo e le vette. E’ anche vero che tra dire e il fare c’è di mezzo il mare, anche se questo non l’ho mai ben voluto credere. Ora invece sì, riscopro l’essenza di questo significato sentendomi spinto e pungolato verso passi a dir poco azzardati. Con due spadriglias di amianto ai piedi, corrosive come l'ammoniaca, mi calo in bocca un paio di giri di Imodium perché tutt’altri movimenti ballerini iniziano a sviolinare un tango selvaggio nelle mie budella. Mi accosto al bancone del baretto dei Piani di Bobbio ma ancor prima ancora di aver preso il caffè cerco una tazza. Ho passato la sera precedente a bere e a fare cosacce, le due cose da evitare secondo un qualsiasi ABC che si rispetti. Sono partito da Milano solo, dopo una notte di bagordi tra pub e discoteca. Diritto in Grignetta con i cari Dimmu Borgir a volume assordante. Meglio dell'acqua fredda. Tempo norvegese e metal scandinavo, zaino nel bagagliaio e odore di sbocco. Torniamo noi stessi. Mi piace. Oggi 1° lezione di roccia. Falesia. Arrivano gli altri corsisti, insieme a me, siamo tutti un po’ confusi. Anche se per motivi diversi. Come al primo giorno di scuola. Ci raccogliamo dinanzi alla funivia. Eccoci qua. Un insieme di sconosciuti per una sconosciuta missione. Penso tra me e me un “mah” interdetto. Arrivano anche alcuni Ragni di Lecco. Avevo fatto anche domanda da loro, come seconda scelta (causa vicinanza a casa). Ci tenevo tanto a fare questo corso di alpinismo che sarei andato anche tutte le sere a Lecco a far lezione. Anche se all’inizio la mia idea dell’alpinismo si avvicinava più al trekking di alta quota che a quello che stavo per affrontare. Non avevo mai visto un alpinista prima. E non sapevo nemmeno bene di cosa si occupasse. La mia immagine era quella di un uomo aitante che va in montagna con una piccozza e si ammazza di grappe e polenta a fine giornata, temprato dalle crudità della montagna. Ad un tratto arriva mezzo mondo. In pullman stile Tokio- Osaka- Yamamuza, ci si prende a gomitate precise e ben tarate a 10 N sui menti per accaparrarsi uno spigolo di falesia. Mi accodo gettandomi nella mischia in un retaggio pre-infanzia. Non capisco chi, come e perché, ma voglio esserci. Inizio a sentire gli svarioni da post sbronza, freddo a barcaiolo ed io in maglietta. Nessun cambio. Previste piogge tutte e due le giornate. Ho fatto male i calcoli. L’imprudenza e l’incoscienza regnano sovrane.




Sono davanti a una parete di roccia alto 30 metri. Una placcona bella appoggiata. E’ la prima volta che vedo dei fix, degli spit, dei chiodi, della roccia così ornamentata, la mia prima vista di una falesia insomma. Inizio a chiedermi il perché di tante cose, delle mie scelte, del significato della mia esistenza e del significato profondo della mia vita. Provo a pensare a cose che non c'entrano una piva con quello che mi accingo a fare, chiudendomi in un giro pervasivo di idee temporeggianti: se ho chiuso il gas, a quanti punti mancano alla tessera del Kebab, a che sarà lo YEN lunedì alla ripresa borsistica, quando cade la prossima festa della luna nell'isola di Pasqua, ho 3 cellulari e poi parlo di inquinamento radio? Ma perché poi grano saraceno? In Valtellina? Vi è sicuramente dietro qualche oscura eziologia. Chissà se riuscirò a ritirare il Cd dei DAATH (un gruppo molto ben recensito ma chissà, è tutto da vedere) dato che tutti i sabati sono in montagna...! Vado lunedì ok. In auto, coi mezzi o in carrozzina?Nodo barcaiolo?... Corda intera?... Mezza?... No, grazie, sto cercando di smettere. Ho un salame di capriolo nello zaino. Però sull’etichetta vi è riportato 60 per cento Capriolo, 40 per cento maiale...ecchecazzo. I pensieri sono interrotti da sensazioni esogene. Il mondo si muove attorno a me e chiede la mia opinione a riguardo. Arriva il momento della verità. I piedi sanguinano e sudo lacrime dal dolore. Posso ammirare con stupore tre vie aperte con corde penzolanti e penso...naaaaa, di là come si fa ad andare? “Ema pedala!” Mi esorta un istruttore a caso. Pochi metri sulla roccia e già vedo il niente a destra, niente a sinistra. Appoggia il piedi a destra! Dove? Sulla fessura? Quale? Quella! Io non vedo niente! Quella là! Io ne ho viste di fessure nella mia vita, e con imbarazzo e falsa modestia, tra una carestia e periodi di porcelle grasse, devo dire di averne viste anche tante, ma di fessure qui non v'è traccia. Si prosegue con molta fantasia. Alla fine, a meno 5 metri dalla catena della sosta voglio tornare indietro. Crampi, panico, voglia di vomitare i resti di negroni e black russian liquefanti nelle mie viscere. Che faccio? Penso che mi butto giù e ripenso al salame di cervo. Stile Patrick De Gayardon ma Sector non ha potuto rinnovare il contratto, quindi decido per la specie "calma e sangue freddo". Inizio a lamentarmi, quello che un istruttore non vorrebbe mai sentirsi dire. Sì, sto facendo lo stronzo e inizio confusamente a disarrampicare. La cosa è sconsigliatissima.
Ma io sono un vero pirla. Graffio, scivolo, urto, 2 preghiere 4 bestemmie. 1 inno di lode 6 ave marie. Ecco qui: la mia prima discesa su un monotiro.
Il giorno dopo, il destino mi propone una giornata a DOC con l’istruttore Aaron. Stranamente calmo e rilassato mi porta pazientemente a scoprire la roccia. Iniziamo a fare un tiro. Con calma, risolutezza. La montagna non scappa. Una frase quest’ultima che risentirò dire spesso dai più vecchi di me e che io ho imparato a dire ai più impazienti di me. Inizio piano piano a plasmare un amore per un particolare tipo di roccia. Ebbene sì. Provai una posizione ben preciso a riguardo. Io sono per l'anti-tartaro, no placche ma bei fessuroni dove poter incontrare tutta la fisicità della montagna. Pieghe sicure e salde, su guglie e spigoli. Mi sento di poter tirare su Cristi, cammelli e crune di motoscafi. Provo soddisfazione a
macinare metri con facilità e sicurezza.
Arrivo in cima facendo ben due tiri. Mi sento un fico. Bello il paesaggio in laterale, l’incrocio di gambe e capisco un po’ di più come funziona o meglio, come dovrebbe funzionare. Ma ancora non c'è la fiducia e la sicurezza sui materiali. Mi sembra di fare un atto di Fede e da buon chierichetto scendo in corda doppia con coraggio.
Alzo gli occhi e vedo molti marines in parete. Il mio ultimo ricordo, l’immagine che mi seguì dritto fino alle scale che portano all’uscio di casa, su piedi doloranti che per giorni e giorni restarono paralizzati dalle severità della roccia. E quella ammirazione profonda verso chi mi ha fatto scoprire una cosa così bella.

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